Descrizione
Parco Sforza Cesarini
Il Parco Sforza Cesarini, annesso al Palazzo della famiglia ducale, è unico nel panorama dei Castelli Romani perché, oltre ad essere interessante sotto il profilo naturalistico, offre un paesaggio suggestivo e magico, che dal centro storico di Genzano conduce fino alle sponde del Lago di Nemi. Il duca Lorenzo Sforza Cesarini (1807-1866) lo dedicò alla consorte di origini inglesi Caroline Shirley (1817-1897) e al suo interno è possibile visitare un paesaggio ricco di piante, grotte (di probabile frequentazione altomedioevale), piccoli laghetti, ruderi e scorci panoramici di pregio. I lavori vennero diretti dall’architetto Augusto Lanciani, dal 1847 al 1857 circa.
Il sistema dei percorsi è costeggiato da piante autoctone ed esotiche che nell'800 erano considerate vere e proprie rarità botaniche. I Cedri del Libano, le Sequoie e i Lecci, che disegnano il profilo del parco, sia verso il lago che verso l’abitato di Genzano, sono vivide testimonianze del patrimonio vegetazionale originario. L’acqua era sicuramente una presenza importante del giardino, raggiungendo il massimo effetto scenografico nell’area delle grotte (i grottoni) dove essa si raccoglieva, e torna a raccogliersi dopo i recenti lavori di restauro, in una vasca ai piedi di una spettacolare parete rocciosa. Tipici del giardino romantico del XIX secolo sono i finti ruderi come la finestra bifora che, nella sua muratura rustica e falsamente diroccata, si articola a formare una panchina da cui si gode un’inquadratura panoramica del lago e del centro urbano di Nemi. Proprio il bacino del piccolo lago vulcanico costituisce il riferimento visivo continuo all’interno del parco, un vero e proprio catino ambientale in cui il visitatore è invitato a immergersi.
Dal 1999 il bene è stato acquistato dal Comune di Genzano il quale, con fondi regionali e provinciali, ha condotto dei lavori di restauro riguardanti la parte del giardino storico vero e proprio ed interventi propedeutici al recupero della sentieristica e del bosco.
Il giardino dell’ottocento, infatti, conosce come suo specifico principio compositivo la costruzione di precise scene paesistiche che si snodano lungo un percorso ideale di fruizione, dalle zone più artficiali a quelle più naturali e selvagge del bosco, dove il fattore tempo diventa principio di organizzazione spaziale. L’itinerario si sviluppa, quindi, lungo un percorso ideale scandito da episodi esemplari. Il tema dello scorrere del tempo, della storia dell’uomo e della memoria è uno dei fili conduttori che riconduce ad unità la varietà dei temi rappresentati dal giardino romantico. In questa ottica, anche, vanno interpretate le tracce di questa sensibilità, come la frequenza dei reperti di epoca antica disseminati lungo i sentieri, il sarcofago antico, la parete rocciosa artificiale con la colonna e le iscrizioni funerarie al primo tornante del sentiero principale, oppure gli edifici in rovina, quali testimonianza dell’intervento dell’uomo riassorbito dalla natura.
Nel giardino c'è un altro motivo che assicura l'unità nella varietà, il cui spunto è offerto da Alessandro Guidi, nella sua guida dei Colli Albani del 1880: « (...) ma spettacolo più di ogni altro giocondo offrono è riguardanti il lago e le sue rive che girano a simiglianza di teatro in tondo». In questo passo è contenuta la splendida suggestione attraverso l’immagine del bacino del lago di Nemi, verso cui il giardino si protende per raccoglierne un certo numero di vedute e riportarle al suo interno, e che perciò torna onnipresente nei parterres fioriti e nelle terrazze panoramiche, nei sentieri e negli spazi lasciati liberi dagli alberi, evocato come anfiteatro, “teatro in tondo”, dentro il cui cratere, “in andar leggiadrissimo”, lentamente, ci si immerge.